Considerazioni psico-pedagogiche

Secondo le scienze cognitive la rappresentazione del mondo esterno avviene attraverso la mediazione di diverse tipologie di strutture mentali interpretative più o meno consapevoli, comunque funzionali alla comprensione, alla memorizzazione e all’elaborazione delle conoscenze.
Queste modalità interpretative riguardano tutti i tipi di interazione fra individuo e mondo esterno, fisico e sociale, da quelle di "senso comune", alle abilità operative-motorie, a quelle simbolico-concettuali. Già Piaget aveva indicato nell’assimilazione e accomodamento i processi attraverso i quali ogni nuova acquisizione si lega alle precedenti ristrutturandone l’insieme a varie profondità.
Lo sviluppo della psicologia post piagetiana ha non solo enfatizzato questo aspetto, ma lo ha descritto nei termini di una progressiva e ininterrotta organizzazione delle conoscenze in una maglia a rete, procedente per continue ramificazioni di zone ed estensione di collegamenti.
La mente è attiva quando conosce, mette in atto procedure di contatto ed intervento nella realtà. Questo è particolarmente evidente nei bambini: in prospettiva genetica la fase operativa e motoria costituisce la premessa fondamentale per l’acquisizione di strutture e modelli mentali complessi. La proceduralità della conoscenza, comunque, non viene meno anche in fasi successive e più strutturate, quando l’articolazione della rete diventa più complessa.La mente quindi, nella sua attività cognitiva, costruisce e organizza ciò che via via esperisce.

Nell'applicazione all'ambito più strettamente didattico, le due precedenti conclusioni possono essere così tradotte:
La conoscenza è sempre un processo attivo, in cui il soggetto deve essere coinvolto in prima persona. Non solo, si può anche diventare consapevoli di quanto avviene nella propria mente in fase di apprendimento, verificando il processo in atto e le forme attraverso le quali si struttura: si apre una prospettiva procedurale e metacognitiva.

La strutturazione avviene in forma reticolare, cioè necessariamente aperta e perciò intrinsecamente comunicativa (mai completamente individuale e pertanto confrontabile), costitutivamente, poliedricamente espandibile in forma non prevedibile e dunque flessibile. Si apre una prospettiva non lineare e flessibile della organizzazione delle conoscenze.

Che tipo di apprendimento suggerisce allora la consapevolezza dei processi cognitivi?Riprendendo ancora una volta il modello cognitivista-piagetiano, si può evidenziare il fatto che le rappresentazioni del reale sulle quali si fonda la padronanza del comportamento in qualsiasi dominio hanno inizialmente una forma procedurale. Solo partendo e sviluppando le conoscenze in fase manipolatoria ed operativa il bambino può raggiungere una capacità successiva di rappresentazione concettuale della propria esperienza. Non è necessario che si conosca il fondamento teorico della procedura, informazione che rimane in fase di apprendimento per lo più implicita. E’ piuttosto importante la padronanza dell’insieme di azioni valide al raggiungimento dello scopo: solo in questo caso è possibile procedere ad operazioni più complesse, quali l’utilizzo della procedura nota in una procedura più complessa, diventare consapevole del sapere implicito, verbalizzare, comunicare la teoria sottesa(che diventa il secondo momento, non quello prioritario).
Il processo di apprendimento di tipo procedurale è flessibile, in quanto ammette sin dall’inizio una serie di tentativi ed errori, ripensamenti e retroazioni.
E’ semplice a questo punto considerare l’aspetto che costituisce il risvolto della stessa medaglia: la possibilità di un approccio metacognitivo che tende a rendere cosciente e dominabile il percorso che conduce un alunno all’apprendimento di qualcosa.
(Il sistema teorico di inquadramento di questo tipo di didattica contempla come prerequisito fondante la flessibilità. Se ogni alunno struttura in modo personale le proprie conoscenze entro reti cognitive, si innestano in tali reti aperte e multidirezionali acquisizioni di tipo procedurale che a loro volta sono in continua fase di risistemazione e arricchimento, collegandosi ad un numero sempre maggiore di nodi esperienziali e teorici, se riesce poi ad esprimere consapevolmente collegamenti fra i nodi della rete, ripercorrendo magari in modo diverso e più ricco il proprio cammino in fase metacognitiva, allora le acquisizioni della psicologia cognitiva della quale si è sopra parlato si possono considerare innestate in un tronco pedagogico. Tronco che trova il suo perno, come è facile desumere , in colui che tale processo attua, cioè l’alunno che apprende, portatore dei suoi valori, dei suoi saperi. L’enfatizzazione delle sue strategie, del suo stile cognitivo, dei suoi modelli mentali sposta il baricentro dall’isegnamento all’apprendimento.Che cosa può agevolare un apprendimento come quello prospettato?
Sembra che le nuove tecnologie offrano proprio strumenti idonei a soddisfare queste esigenze e che, per molti aspetti, le soddisfino meglio degli strumenti utilizzati tradizionalmente.
Fino a non molto tempo fa il libro era il mezzo più privilegiato di comunicazione nel rapporto insegnamento-apprendimento. Si può attuare un confronto fra quanto offre il libro, strumento tipicamente lineare, e le nuove tecnologie, il computer in particolare, strumenti strutturalmente reticolari. Confrontando i due termini della questione, computer e libro, sotto questa nuova forma, emerge che il libro manca di un "interfaccia" immediato e intuitivo, ciò che invece costituisce il punto di forza del computer: Nel computer, invece, l’interfaccia fa leva su una componente che spesso nel libro rimane marginale: il linguaggio analogico dell’immagine. L’immagine consente il recupero della sfera emotiva, dell’immaginazione che nella scuola è stata a lungo o un aspetto o un’intrusa.
L’introduzione delle nuove tecnologie deve modificare il processo didattico e a loro volta le tecnologie devono assumere un ruolo didatticamente interessante. Il libro è nato con la scuola e ne ha fornito le caratteristiche. In ultima analisi,libro, computer, tecnologie di comunicazione devono coesistere nella didattica di oggi, che diventa in tal modo multimediale, non solo perché si avvale di strumenti di differente matrice, ma proprio perché contribuisce a una formazione completa dell’allievo, che viene così a contatto con informazioni di tipo diverso e con una molteplicità di sistemi simbolici (testuali, numerici iconografici), attivando abilità distinte, ma non per questo antitetiche o conflittuali. Nel caso della multimedialità, però, proprio per la potenza del mezzo, il mutamento è molto più intimo e si declina come istanza di passaggio ad un nuovo modo di far scuola, come può essere una scuola dei progetti. Rispetto a certe strutture rigide, quale la tassonomia per obiettivi, il progetto potrebbe essere inteso come struttura tollerante: con un suo preciso ordine interno, certamente, con una chiarezza necessaria sui fini e sui mezzi ma con una flessibilità che ammette riaggiustamenti e ripensamenti nel corso del suo sviluppo. Il progetto si impernia su colui che apprende, lo rende protagonista in prima persona in quanto costruttore sempre cosciente di quanto accade e di dove si vuole arrivare, soprattutto se il progetto ha come punto di arrivo la realizzazione di un prodotto concreto, nel quale l’alunno possa rispecchiarsi e identificarsi. Non ultimo aspetto, induce a rivedere il ruolo dell’insegnante nel nuovo quadro imperniato più sull’apprendimento che sull’insegnamento.
Il computer, in particolare, mette in campo tutte quelle caratteristiche designate dalla psicologia dell’apprendimento come ideali per mimare le azioni della mente, rivaluta il sapere procedurale, accentua l’interazione, allarga alla metacognizione, apre un approccio trasversale e pluridisciplinare. Per questo bisogna entrare nel merito dell’atto stesso della progettazione e vedere in atto questi processi.La C.M. N. 339 del 16/11/92 indica che una corretta azione educativa, infatti, richiede un progetto formativo continuo. Essa si propone anche di prevenire le difficoltà che sovente si riscontrano, specie nei passaggi tra i diversi ordini di scuola, prevedendo opportune forme di coordinamento che rispettino, tuttavia, le differenziazioni proprie di ciascuna scuola.
La continuità nasce dalla esigenza primaria di garantire il diritto dell’alunno ad un percorso formativo organico e completo, che mira a promuovere uno sviluppo articolato e multidimensionale del soggetto il quale, pur nei cambiamenti evolutivi e nelle diverse istituzioni scolastiche, costruisce così la sua particolare identità. continuità del processo educativo non significa, infatti, né uniformità né mancanza di cambiamento, consiste piuttosto nel considerare il percorso formativo secondo una logica di sviluppo coerente che valorizzi le competenze già acquisite dall’alunno e riconosca la specificità e la pari dignità educativa dell’azione di ciascuna scuola nella dinamica della diversità dei loro ruoli e funzioni.
Per la realizzazione della continuità educativa hanno, poi, un’importanza cruciale la conoscenza reciproca, la problematizzazione e la progressiva armonizzazione delle concezioni e strategie didattiche, dagli stili educativi e delle pratiche di insegnamento- apprendimento. Pur nelle differenziazioni legate alla progressiva acquisizione di conoscenze, capacità, comportamenti e consapevolezze, l’azione didattica, all’interno di un contesto di relazioni sociali facilitanti e di un ambiente di apprendimento organizzato intenzionalmente dagli insegnanti, deve porre le condizioni affinché il soggetto sia sempre costruttore attivo delle sue competenze, anche grazie a forme di responsabilizzazione personale via via crescenti.
E’ evidente che tali indicazioni potranno trovare collocazione solo se si parla di continuità sia in verticale, tra i diversi gradi, sia in orizzontale, tra la scuola e il territorio.
Il modello proposto valorizza:

Sicuramente la scuola, che lo voglia o no, è la prima agenzia orientativa esterna ad aiutare i ragazzi ad intraprendere un cammino di conoscenze di sé, delle proprie attitudini e potenzialità, nonché delle opportunità che la società offre.


L’esigenza che oggi emerge è quella della dimensione didattica dell’orientamento: esso deve uscire dal ruolo di sostegno per i casi estremi – (nel momento dell’insuccesso, per convincere a tentare di nuovo; - in quello della consapevolezza, per indirizzare ed accompagnare un processo di riorientamento; - nel disagio, per indagare la dimensione del problema, cercare un aiuto competente ecc.-) ed essere assunto dal Consiglio di Classe per gli aspetti formativi che gli competono. Si tratta di un’area didattica: